lunedì 15 giugno 2015

Retorica e politica a Pavia - 1


Sabato 6 giugno si è svolto a Pavia il Pride! E' stato un movimentato pomeriggio nel quale sono schierate molte anime di un movimento trasversale che vuole una società aperta e disponibile ad accettare che le coppie abbiano gli stessi riconoscimenti e gli stessi diritti, indipendentemente da come siano formate. Ognuno ha portato il proprio modo di essere e di animare un momento che chiede alla città di pensarsi. Pavia, non solo da questo punto di vista è fortunata: ha una dimensione nella quale ci si può riconoscere e permette di vedersi in faccia, salutandosi e riempiendo gli spazi. 

Nello stesso tempo, altri soggetti, leggitimamente non partecipavano e non solo on aderivano, ma alcuni cercavano di intervenire in direzione opposta e contraria. Tra questi gli skinheads, che si sono dati ritrovo di fronte al  Tribunale e hanno presidiato la postazione volantinando e presenziando in un composto e onorevole comportamento. Dall'altra parte della città, mentre i cittadini manifestavano anche in forma chiassosa, loro dimostravano. 
Lorenzo Blonne nel documentare i fatti di sabato pomeriggio è riuscito a trovare una voce negativa di sinistra: un commento negativo al Pavia Pride e al movimento per le pari opportunità delle coppie omosessuali che viene da un gruppo che si colloca nella sinitra staliniana.Difficile uscire dalla categoria della "curiosità" per comprendere un pensiero che propone la "famiglia secondo il modello sovietico: padre, madre, figlio e figlia."
Altrettanto curioso come funziona l'informazione, cioè una voce che rappresenta 1.000 - 1.500 partecipanti ha la stessa valenza di un singolo, che è difficile da collocare dal punto di vista della rappresentanza. E ha il diritto di esprimere il suo parere. Il problema non è di Tetonews, che ha il pregio di far parlare, ma del funzionamento dell'informazione.
Il ragionamento degli Alcoolingans, che sono un gruppo di tifosi ultras della squadra di pallacanestro, precede nel video la presentaizone della contromanifestazione di Forza Nuova, che stimola una riflessione, per me complessa.


Se il diritto di manifestare è sacrosanto, qui ci si trova di fronte a un caso dove le cose si complicano e le ragioni e i diritti s'intrecciano. Provo a sbrogliare una riflessione con attenzioni diverse. Il primo livello è retorico. Se è corretto che ognuno manifesti il proprio pensiero, un pensiero totalizzante che azzerra ogni altra possibilità diventa alquanto scomodo da gestire. Dovrebbe esserci sempre un'attenzione particolare a usare dichiarazioni apodittiche. Non esisterebbe la dialettica, ma non esiste lo spazio dell'altro. A prescindere, direbbe Totò. In assenza di questa sensibilità a comprendere situazione diverse dalal propria, è ingombrante gestire in democrazia posizione anti democratiche Il secondo livello è ancora retorico, nello specifico è interno alla frase, perché "l'unica famiglia è quella Naturale" è un'affermazione a dir poco discutibile: il concetto di famiglia è culturale, per definizione, come la figura del padre e la famiglia Naturale è un concetto che non esiste in natura. Sarebbe come produrre della farina di grano e chiamarla senza glutine, senza entrare a modificarne la struttura. Come chiamare ecologica un'automobile con motore a scoppio. E "i come" si possono sprecare, a secondo della poesia. Non si può insomma affermare una cosa falsa e pretendere che sia vera. Il terzo livello è ancora retorico, solo che si svolge sulla comunicazione successiva: quando gli organizzatori hanno insistito a dire che non sia una manifestazione poltica. A parte che è stata dissata lo stesso giorno del Pride di Pavia, va da sé che lo sia. Negarlo è negare un'evidenza che chiede di rinunciare allora a ogni affermazione politica. se fosse stata la festa della famiglia, ancora sarebbe stata politica. Se fosse stata la festa di Gigi, per dire, allora era un evento privato, non pubblico e non avrebbe avuto bisogno delle affermazioni sull'uinicità delal famiglia naturale che la fanno diventare manifestazione politica.
Ecco io non avrei finito di ragionare ma per ora mi fermo.




venerdì 5 giugno 2015

Le foto di Andy Rocchelli in Broletto - un'occasione unica




















Ieri sera è stata inaugurata la mostra "Stories", che raccoglie le fotografie di Andy Rocchelli, fotoreporter italiano, che ha perso la vita il 24 maggio 2014 in Ucraina. L'apertura è avvenuta alle 18 del 4 giugno, nella Sala del Camino, del Broletto, in Piazza Vittoria 15 a Pavia.
Presentato da Alessia Glaviano, Senior Photo Editor di Vogue Italia, Adriano Sofri, Giornalista ed Attivista e Pietro Guastamacchia, Giornalista freelance a una folla numerosissima, mentre nella piazza principale i tifosi del Pavia calcio stavano festeggiando i risultati del campionato appena terminato.
Risultati immagini per russian interiors cesuraLa mostra fotografica curata da Cesura e da Lucia Rocchelli è un'occasione unica per immergersi nelle immagini di Andy. L'allestimento è realizzato sia nel cortile che nello spazio delle arti. Appena entrati nel palazzo, le fotografie accolgono il vistatore creando percorsi, isole tematiche, seguendo l'impegno del fotografo durante la primavera araba, in Ucraina, in Calabria per poi accompagnarlo nello spazio al piano terra del palazzo, dove ogni stanza ospita un reportage, quasi in ordine cronologico: a partire dalla documentazione della vita di un seminarista fino a "Russian Interiors", le foto delle donne russe che Andy ha ritratto nei loro appartamenti con lo scopo di creare loro un book per cercare un marito in occidente.Questo lavoro, che Andy voleva fosse soprattutto un libro, ha vinto il secondo premio nella sezione "ritratti" nel World Press Photo 2015.
Immagini forti, capaci di catturare l'attenzione, anche per un osservatore casuale. Presentare le fotografie non è un lavoro semplice, meno è ingombrante la cornice e più ci si può concentrare su quello che conta: lo sguardo. Il lavoro di Andy sembra una parabola sulla maledizione del vedere, in quanto sembra voler concentrarsi su aspetti ordinari della brutalità. Le sue fotografie ritraggono momenti "normali" di violenza, degrado, disumanità, svelandone l'umanità. Non ci sono cornici per queste immagini, ma sostegni che ambientano il visitatore in un mondo che è brutto da vedere, ma impossibile da ignorare una volta visto. Non c'è mai una didascalia e le stesse composizione fotografiche evitano il registro didascalico. Non ci viene spiegato nulla, non ci viene raccontato nulla: veniamo inseriti nella scena con la consegna di uno sguardo, quello voluto dal fotografo, che cercato la presenza più rilevante possibile. Si può usare il termine curiosità con molte accezioni. viviamo in una società dove la curiosità è il perno dell'industria della produzione televisiva, nell'accezione voieristica, ma qui la curiosità è stimolo per conoscere, per evitare l'ignoranza, è il primo gradino della comunicazione: non girare gli occhi, non voltarsi per evitare di vedere cose spiacevoli. Il nostro occhio non sceglie cosa vedere, guardiamo quello che c'è di fronte a noi. La professione del fotografo che seleziona quello scatto come esemplificativo e il lavoro dell'allestitore che riduce ogni ingombro, diventano importanti proprio perché ci mostrano quello che i nostri occhi non vedono, i particolari che non conosciamo. Chi entra nella mostra non può che guardare le foto: sono ovunque e tutte all'altezza dei nostri occhi, sono un labirinto con tanti percorsi e ognuno diventa personale e oggettivo. Le gabbie che contengono le foto nel cortile sono gabbie per il visitatore, perché le aste di sostegno scompaiono, la struttura è ridotta al minimo e resta solo la foto come orizzonte.Un'ultima veloce considerazione, personale. Trovo che il titolo della mostra sia preciso, "Stories", ma il visitatore non si deve illudere che le storie siano raccontate dal fotografo o da chi ha allestito la mostra. Andy era contrairo alle didascalie. Non capivo perché, ma poi di fronte al suo lavoro mi sembra di intuire. Le fotografie non spiegano, sono dei punti interrogativi. Non giudicano, illustrano una situazione e domandano, creano movimento, interessano. Sono l'inizo della storia, delle storie.